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venerdì 26 ottobre 2007

La città del disamore (II)

La città del disamore
(Parte II)


- Si, ma cosa c’entra con Ferrara?
- C’entra, c’entra perché la fonte del disamore si trovava qui, nel nostro territorio che a quel tempo era costituito da paludi, acquitrini ed era letteralmente “intriso” delle acque del Po che allora scorreva a contatto della città. Il pericoloso liquido aveva contaminato le nostre falde, si era mescolato con le acque del maggior fiume e disperso in mille rivoli, canali, “valli” e ristagni. Ancora oggi i ferraresi scontano i suoi nefasti effetti. Acque malsane circondano la città dolente, scorrono sotto i nostri piedi, penetrano nel nucleo urbano, imprigionano il castello e il territorio; il fluido malefico ci insegue in ogni vicolo, ad ogni stagione; non ci dà tregua. Microscopiche ma letali stille di condensa ci stringono d’assedio, ci avvolgono, ci avvelenano poco a poco; penetrano nella gola, nei polmoni, nelle ossa, nel cuore alienandoci lo spirito, l’entusiasmo, la gioia di vivere, come se fossimo tutti sotto l’effetto di un potente anestetico.
E’ questa la grave sciagura, il morbo endemico, il “mal francese” che ha infettato Ferrara, la sovrasta e la minaccia con le sue nebbie e i suoi umori. L’apatia, la freddezza, il disamore, il distacco dalle emozioni, l’orgogliosa indifferenza, la disaffezione è il vero, misconosciuto problema della nostra sfortunata città, molto più dell’inquinamento e delle polveri sottili oggi di moda. E tutti noi siamo malati senza saperlo, soffriamo di un male cronico, subdolo e antico…
- Oh Madonna! – esclamai allarmato. Negli occhi del mio interlocutore leggevo una struggente malinconia.
- Ma la fontana dell’odio è solo un’invenzione letteraria e poi si troverebbe ben lontana da qui, nelle Ardenne! – dissi, cercando di confutare razionalmente le inquietanti rivelazioni che avevo appena ascoltato.
- Si, questo è vero: il Boiardo si riferiva necessariamente alla Francia perché la giostra da cui ha inizio tutta la vicenda si svolge a Parigi, e francese è l’ambientazione storica del ciclo carolingio a cui si ispirava, ma egli era attivo alla corte estense, conosceva queste terre, di esse aveva esperienza e sono questi i luoghi che descriveva pur situando geograficamente la magica fonte nella regione delle Ardenne.
E Ariosto che riprende la storia dell’Orlando innamorato mostra di aver ben compreso il messaggio del Boiardo e la vera collocazione della sorgente; infatti, verso la fine del Furioso, Rinaldo beve per la seconda volta le acque che lo liberano dalla sua insana passione e dal nord della Francia scende precipitosamente in l’Italia fermandosi sulle rive del Po, fra Mantova e Ferrara. Qui incontra un cavaliere che lo ospita nel suo palazzo e gli racconta la propria disavventura coniugale.
Questi, istigato da una maga, aveva assunto l’aspetto di un bel giovane ferrarese per mettere alla prova la fedeltà della moglie. La nobildonna cede alle lusinghe, ma quando il marito la redarguisce, rivelando la sua vera identità, lei si indigna per la mancata fiducia e abbandona disgustata il tetto coniugale offrendosi proprio a quel giovane di cui il marito aveva assunto le sembianze.
Non ti sembra che quella signora abbia agito come una perfetta donna moderna ed emancipata? -
- Ah, si certo…! – risposi, un po’ sollevato dal tono brillante e confidenziale del mio maestro.
- Angelica riesce abilmente a sfuggire a tutti gli inseguitori e a prendersi gioco del povero Orlando - forte e invincibile nei virili combattimenti ma ossequioso e timido con le donne che sanno il fatto loro -. Quando è lei a rincorrere Rinaldo, ottiene protezione e scorta proprio dal roccioso cavaliere per tornare in Francia.



Non ti sembra un’impresa degna di quelle capricciose signorine che appaiono sulle pagine patinate di Vogue o Cosmopolitan, o di una modella tipo Naomi Campbell, sprezzante e priva di scrupoli, che si fa accompagnare e servire dallo spasimante di turno senza ovviamente concedergli nulla, neppure un bacetto sulla guancia?




L’Orlando del Boiardo è ridotto al rango di cavalier servente dalla sua indomita amata che applica la medesima strategia di certe ragazze d’oggi: farsi scarrozzare e invitare a cena dal fesso di turno, cui compete pagare il conto e rimanere a bocca asciutta…




Angelica è già una spregiudicata donna moderna, cinica, rampante, determinata, che non si lascia distrarre dalle passioni, non ha alcuno scrupolo o complesso di inferiorità nei confronti del maschio e anzi “usa” gli uomini a proprio piacimento, senza nemmeno lusingarli con promesse amorose o atteggiamenti seduttivi. Siamo lontani anni luce dalle donne angelicate del Petrarca e del Dolce Stil Novo, creature di superiore e divina bellezza, nobilitate dalla loro natura amorosa.
- Ma Angelica non è frigida: è per amore che insegue Rinaldo e poi alla fine si intenerisce per Medoro!…- obbiettai.
- Certamente, ma la passione della damigella per il cugino di Orlando non è genuina: è un artificio operato dalla magia delle acque e la successiva bevuta alla fontana dell’odio riporta tutto alla condizione di apatia iniziale. Quanto alla sua “storia” con Medoro ti ho già raccontato…




E’ qui, presso la corte estense, nella città “più moderna d’Europa” che si esprime, si forma e viene descritta per la prima volta la donna emancipata postmoderna, il sogno di ogni femminista, 500 anni prima che si cominciasse a parlare di “fallocrazia”, “prevaricazione del maschio” e “pari opportunità”!
- Incredibile!…Non avevo mai sentito una cosa del genere…E pensare che queste cose a scuola non le accennano neppure! – esclamai.
- Ma c’è di più... - aggiunse l’ignoto avventore con aria furba: -…La “condizione femminile” nella nostra città è particolarmente “rosea” anche per un altro motivo…e non si tratta di una generosa porzione di quote rosa fra gli amministratori locali, ma della discendenza degli Estensi dalle mitiche Amazzoni. –
- Coosa? -
- Si. Già il Boiardo, per onorare i signori di Ferrara, introduce nel suo poema la figura di una vergine guerriera, Bradamante, bionda amazzone cristiana, sorella di Rinaldo, che dopo molte avventure coronerà il suo sogno d’amore.


Guido Reni, Incontro di Bradamante e Fiordispina, 1632-1635, Firenze, depositi delle Gallerie.


Ella è promessa sposa di Ruggiero, cavaliere moresco, lontano discendente del prode Ettore troiano, indicato da una profezia come il capostipite degli Estensi.


Jean Auguste Dominique Ingres, Ruggiero che libera Angelica, 1819


Giorgio De Chirico, Ettore e Andromaca, 1917

Quindi nelle vene delle donne nostrane scorre anche un po’ del sangue di quelle leggendarie femmine guerriere, figlie di Ares, il dio della guerra e alleate dei Troiani.



Del resto, donne armate di spada, lancia e corazza che duellano, combattono e compiono eroiche imprese, gareggiando in forza e coraggio “alla pari” con i cavalieri, non si erano mai viste in letteratura prima di questa invenzione, tutta ferrarese, dei poeti di corte: Boiardo, Ariosto e Tasso, che hanno però il precedente illustre della guerriera Camilla nell’Eneide di Virgilio.



- Ma, più semplicemente, non potrebbero essersi ispirati a Giovanna d’Arco? – domandai.





- E’ vero – rispose senza scomporsi – Il mito della pulzella d’Orléans è stato certamente un riferimento per i poeti estensi che hanno creato queste insolite figure femminili, ma mentre Giovanna, personaggio storico, rappresentava l’incarnazione della fede, era un simbolo della potenza divina che si serviva di un’umile ragazza per salvare i Francesi, Bradamante, come le altre eroine dei poemi cavallereschi, è un essere umano che non persegue valori mistici o ultraterreni e non subisce il martirio: insegue l’amore con costanza, pazienza e determinazione proprio come una donna d’oggi, forte dei propri sentimenti, cerca in tutti i modi di legare a sé l’uomo che ama. Addirittura si ha sensazione che i ruoli siano invertiti: Giovanna d’Arco sembra un personaggio irreale, e Bradamante una bella donna in carne ed ossa, come Demi Moore nel film: “Soldato Jane”.

- Ah, ah!... Molto divertente!... - Mi concessi un po’ di confidenza: - Ma non avevi detto che le donne ferraresi sono refrattarie all’amore?
- Ed è così in senso generale, ma quando abbandonano il loro naturale riserbo e si fissano su una persona, per passione o per capriccio, il carattere tenace e combattivo ha il sopravvento e smuovono mare e monti per poterla avere.
Ariosto, molto diplomaticamente, glissa sull’argomento, ma l’avverarsi della profezia, secondo cui, dall’unione di Ruggiero con la vergine cristiana, avrebbero avuto origine gli Estensi, prevede anche la morte prematura del valoroso saraceno. E Bradamante, pur essendo edotta di ciò, persegue il suo progetto matrimoniale, costruito letteralmente sulla pelle del futuro sposo, senza tentennamenti, senza alcuno scrupolo riguardo la sorte dell’amato e addirittura, in un momento di furiosa gelosia arriva al punto di rivolgere la sua lancia invincibile contro il presunto fedifrago. Trai tu le dovute conclusioni…


Niccolò dell’Abate, Alcina accoglie Ruggiero nel
suo castello, 1550, Bologna, Pinacoteca Nazionale



E così, Ruggiero, che non era motivato quanto la futura moglie e più o meno inconsciamente aveva fatto di tutto per procrastinare la fatale congiunzione, alla fine deve capitolare, come capita a tanti nella sua stessa età e condizione, per far fronte agli impegni presi e affinché la nobile discendenza possa avere inizio.
Cruda sorte è riservata ai giovanotti quando alfine si sposano cedendo alla fiera volontà delle loro fidanzate e per giunta consacrando l’atto di resa davanti ad un ministro di Dio!...




- E a proposito di fierezza femminile – riprese mentre io ancora riflettevo sulla sua ultima battuta – è istruttivo considerare la vicenda di Matilde di Canossa. Alcuni storiografi sostengono che l’energica contessa avesse avuto i suoi natali proprio a Ferrara; i più propendono per Mantova, ma certamente la nobildonna si distinse per il suo carattere duro e forte ed è quindi “ferrarese” per affinità se non per nascita.
























E’ famoso l’episodio dell’imperatore Enrico IV che sostò a piedi nudi nella neve, in veste da penitente, per ottenere l’intercessione della contessa, alleata di papa Gregorio VII, e la cancellazione della scomunica.




Ancora oggi si indica con “andare a Canossa” la richiesta di perdono e l’umile riconoscimento delle proprie colpe rivolto alla persona che si è offesa. Da allora, i mariti che volessero ottenere il perdono delle proprie mogli per le eventuali scappatelle, sanno come devono comportarsi.
- La realtà si confonde con la fantasia…- osservai.
- Proprio.

Altro personaggio interessante per la sua attualità, è Marfisa, un’autentica femminista d’assalto avant lettre. Nell’Orlando Furioso è descritta come una vergine di ferro, bellicosa, un po’ guascona, intollerante, vestita sempre con un’armatura sotto la quale nasconde le sua forme muliebri (e anche, in senso psicanalitico, la sua femminilità: infatti, in una delle rare occasioni in cui indossa abiti più adatti al suo sesso, desta subito l’interesse di due saraceni). E’ sorella di Ruggiero, come si scoprirà verso la fine, e sua compagna d’armi nell’esercito dei Mori. La sua principale occupazione è quella di vagabondare in cerca di cavalieri con cui azzuffarsi, sfidarli a duello e provare la sua valentia e abilità nell’uso delle armi, proprio come fanno le femministe militanti della nostra epoca, sempre incazzate e in cerca dello scontro per dimostrare la loro superiorità sul maschio oppressore. Coerentemente, nessun episodio di natura amorosa offusca la sua fulgida carriera militare.

Eugène Delacroix, Marfisa e la donna impertinente,
1852, Baltimora, Walters Art Museum


In una delle sue prime avventure, durante una traversata in mare, giunge presso una città governata da donne assassine che hanno in odio gli uomini imbelli: uccidono tutti quelli che approdano alle loro rive, a meno che non siano così valorosi da sconfiggere, da soli, dieci guerrieri in un giorno e altrettanto vigorosi da giacere con dieci femmine in una notte. Le amazzoni avevano trovato un sistema piuttosto cruento per effettuare una spietata selezione degli uomini meritevoli di accoppiarsi con loro e di cui, comunque avrebbero fatto volentieri a meno se non ci fossero le naturali necessità della riproduzione.
I supermaschi, che godevano ciascuno di dieci mogli, avevano il compito di combattere con gli intrusi fino a quando un campione più forte, uccidendoli, non ne avesse preso il posto. I loro pavidi compagni venivano venduti o ridotti in schiavitù e in tal caso obbligati a indossare panni femminili e a compiere umili attività donnesche… Un’inquietante visione di una società al femminile, dove il maschio è tollerato solo per la sua funzione procreativa, come nel mondo spietato delle api.
Marfisa viene estratta a sorte per fronteggiare i dieci guerrieri ed è difficile trattenersi dal fare maliziose congetture sui risvolti saffici della vicenda, considerando che nella prova conclusiva l’intrepida pulzella avrebbe dovuto soddisfare dieci donne in una notte. Ma Ariosto non ci dà modo di appagare queste morbose curiosità, perché Marfisa si allea con l’ultimo superstite dei dieci campioni e la battaglia finale contro le femmine omicide non vede spargimenti di sangue ma solo un fuggi fuggi generale provocato dal suono spaventoso del corno magico di Astolfo. E’ quindi prevedibile che le donne maschicide si siano ricompattate e continuino a vivere ancora oggi nella loro città perduta, soggiogando gli uomini.
Altro episodio rivelatore è quello in cui Marfisa, in compagnia di Ruggiero e di Bradamante, viene a sapere dell’esistenza di un tiranno, nemico dichiarato del sesso femminile, che egli perseguita e umilia con dure leggi “maschiliste”. Questo personaggio, di nome Marganorre, odia le donne poiché ha perso entrambe i figli in tragiche faccende d’amore. Per disposizione del crudele misogino, tutte le femmine del circondario sono state bandite e strappate ai loro uomini, padri, figli e familiari; chi si ribella o disobbedisce viene punito con botte, oltraggi, violenza e morte. Grande è l’indignazione delle due guerriere che progettano di catturare il fellone per infliggergli i meritati tormenti e una morte lenta. Detto fatto, Marfisa cala come una furia sul malcapitato che viene tramortito con un pugno, mentre Bradamante abbatte come birilli tutti i suoi armigeri. Marganorre, fatto prigioniero, subisce la vendetta delle sue vittime ed è infine gettato da una torre. Marfisa impone la sua legge: le mogli avranno le terre, il governo della città e tutto quello che prima era in mano ai mariti, e gli uomini dovranno sempre aver stima ed essere sudditi delle donne “e ubbidienti a tutte le lor voglie” come dice il poeta. Questa legge è tuttora in vigore e viene applicata da scaltri avvocati, sul genere della Bernardini De Pace, nelle cause di divorzio.

[segue nel post qui sotto]

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